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PERSONAGGI DI POSITANO: RACHELE TALAMO

 

C’è stato un periodo della storia di Positano, tra gli anni ‘80 e ‘90 che, ad un certo punto è balzata sulle cronache di tutti i giornali d’Italia come la cittadina dal reddito pro-capite tra i più alti del Paese, addirittura per un certo periodo faceva bella mostra nientedimeno che al secondo posto; grazie alle attività turistiche, ma soprattutto in concomitanza di un altro fenomeno, denominato “Moda Positano”; fantasiosi ed elaborati capi di abbigliamento, ciascuno di essi di una bellezza da sogno che venivano esportati a centinaia di migliaia praticamente in ogni angolo del mondo.
 Come in ogni paese di mare, sin dai primi anni '60 Positano anche si arricchì di negozi e negozietti in ogni angolo, che vendevano accessori da spiaggia, quali i famosi “bikini”, parei, prendisole e altri capi di abbigliamento dai colori scargianti, ma anche questo non è sufficiente per spiegare l’enorme salto di qualità della moda locale, per spiegare l’autentica esplosione commerciale del settore che portò la moda di Positano ad un tale rilievo. Come nacque di preciso questo miracolo è difficile dire, Il solo fatto certo e che ad un certo punto successe qualcosa di straordinario; forse il fatto che Positano è sempre stato rifugio e meta di artisti importanti per antonomasia; che il paesaggio ispira molto; il clima inebriante, le bellezze naturali e alla fine tutto ciò è stato terreno fertile perché accadesse qualcosa… e come per magia si materializzò in creazioni di abbigliamento del tutto originali e che erano delle vere e proprie opere d'arte.
Forse la nascita della "Moda Positano" intesa non come gli originari capi da spiaggia ma come elaborati e sofisticati capi di abbigliamento molto vari ed estrosi, si potrebbe ricondurre ad un anedoto…anzi, ad un persona:
C'è stato un tempo per Rachele Talamo, come per molti positanesi... gli anni del dopoguerra e anche gli anni del primo vero sviluppo turistico, in cui i debiti accumulati dalle famiglie durante il conflitto erano abbastanza pesanti. Verso la fine degli anni '50, Il padre della Rachele Talamo era appena tornato a casa dopo una lunghissima prigionia, il lavoro scarseggiava e i creditori bussavano tutti i giorni alla porta, fu allora che la Talamo pensò bene, assieme alle sorelle Michela, Anna ed Assunta ad intraprendere un’attività di taglio, cucito e confezioni per le ditte nascenti in centro e presso la spiaggia. Rachele Talamo apprese prestissimo a cucire, poiché sin dall’età di sette anni andava ad imparare l’arte dalla sua zia Emilia Castellano, brava sarta su misura per piccoli borghesi dell’epoca ma anche per gli abitanti del posto (successivamente emigrata in America), e succedeva spesso che la piccola Rachele ogni tanto rimediava qualche ritaglio di stoffa da portarsi a casa e costruire abitini per le sue bambole di pezza, fu così che in breve tempo divenne sarta di ottimo livello (successivamente diplomata ufficialmente). Dopo un inizio di piccoli lavori, presto la piccola squadra di artigiane passò al servizio della Sartoria Lampo, una delle più importanti del centro e tuttora rinomata, ma succedeva che talvolta il lavoro non era sufficiente o c'erano delle pause troppo lunghe, e allora la Talamo si rivolgeva di nascosto alla concorrenza: in particolare da Regina, proprietaria di una ditta poco distante ed acerrima nemica di “Maria Lampo”.

All’epoca tra le piccole imprese locali, come spesso succede nel commercio, c’erano molte gelosie, e spesso ci si spiava, copiava.
Alla Rachele Talamo il solo cucire non bastava, perché talento naturale capace di disegnare un cartamodello a mano libera come Giotto tracciava un cerchio perfetto, oltre ad essere un vero e proprio metro umano capace di leggere una misura con una sola occhiata senza l’aiuto del metro, e soprattutto per passione, sempre più spesso si esibiva in creazioni, dapprima costruendo abiti per lei stessa e i familiari, che a primo acchito potevano sembrare stravaganti, come le camice per i suoi stessi figli intarsiati di strane applicazioni e dal taglio talvolta bizzarro, tanto da suscitar curiosità tra la gente per strada.
Un giorno un tessuto in particolare, visto dalla signora che le commissionava il lavoro, suscitò la curiosità della Rachele, che già ne vedeva un capo finito e chiese alla sua "datrice di lavoro di riserva" di prendersene un po’, offrendosi anche di pagarlo, visto il primo rifiuto per la riluttanza dagli esperimenti e per paura di spreco da parte della commerciante, e da questo tessuto ne fece un camicione con delle applicazioni ad intarsio e dal taglio del tutto originale e lo consegnò alla sua normale datrice di lavoro, la quale in primo momento, inorridita, pian piano si convinse dietro l’insistenza della Talamo di esporre tale “oggetto”. Fu così che non appena lo “strano” camicione fu esposto già fu venduto. Questo fu il primo capo della storia della “Moda Positano”, e la titolare subito ne commissionò una decina, che naturalmente andarono a ruba. La titolare di un negozio vicino, che di sottecchi controllava la concorrenza non potè non notare il fatto, e una sera chiamò apposta la “sua” sarta Rachele per dargli un incarico:”Senti Rachele, devi farmi un favore, fai una passeggiata davanti al negozio dirimpetto, ma facendo finta di nulla e guarda quell’abito com’è fatto, se lo sai riprodurre uguale ti pago bene…”. Da allora la Signora Rachele Talamo fu molto ricercata e lavorò per molte ditte, lanciando dapprima “Arianna” ("Murat Abbigliamento di Salvatore Russo e Rosa Attanasio, che originariamente si chiamava “Rosa e Pina”), successivamente “La Sirenetta”, oltre a confezionare campionari per Cix, Chola e molti altri fino a che negli ultimi anni a lavorare in proprio. Clamoroso il suo rifiuto una volta all’invito di lavorare come costumista alla RAI, perché da artista pura, incapace di allontanarsi dalle proprie radici. Le sue creazioni per anni e molto frequentemente furono oggetto di copia e di ispirazione, e sulla sua scia nacquero una moltitudine di piccole aziende, alle quali i clienti non mancavano mai. Il resto è storia
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